La lavandéra

 

 Antica e romantica “professione”…

 ricordi di un mondo perduto

 

Sabato 18 Marzo 2017

 

“La stra l’è silensiuşa, ummò deşèrta,

gh’è in gir nænca un grì-grì,

pö, cul fìu-fìu dla carèta,

sidél, fagòt, la caplina int i cavì,

un ciciarà sut vuş me ‘na preghiera

la riva le: la lavandéra”

                                                                                                         ( Peppino Casali)

La “lavandéra” (lavandaia). Uno dei mestieri più antichi, faticosi e allo stesso tempo ricchi di romantico fascino che hanno caratterizzato la nostra bella città, ne hanno alimentato la leggenda, l’hanno arricchita di dignità. Le lavandaie, in “riga” come soldatini, ognuna al proprio posto, con gli “attrezzi del mestiere” ben piazzati, ore e ore piegate a sciacquare e risciacquare nell’acqua corrente di Ticino i “panni” che i “paveş d’in sü”, ancora non provvisti di comodi mezzi autonomi (lavatrici elettriche), procuravano loro settimanalmente. Corre obbligo porgere a Stefano Schinelli, Presidente del Comitato “MéiStoInBurgh”, sinceri ringraziamenti per avere fornito al Circolo fotografie, “scagn” e “carèta” con cui è stato possibile attrezzare una zona della sala a ricordo di un mondo lontano.

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Durante la cena, sempre all’altezza della situazione a livello di qualità e di scelta dei piatti proposti, il socio Giovanni Demartini, “cerimoniere” per l’occasione, detta i tempi della serata che vede alternarsi Fabrizio Lana nella lettura di una poesia di Peppino Casali dedicata alla lavandaia a Attilio Rigamonti che racconta simpatici aneddoti legati alla “linguaccia” del Borgobasso e all’ultima lavandaia ancora in vita, Maria Luisa Lanati, che serviva molti “cittadini”; tra questi viene ricordato Vigoni, il pasticciere di via Strada Nuova, che, a ogni consegna di panni puliti, omaggiava con una meringa la piccola figlia della “lavandéra”, la nostra socia Aradori Margherita.

 

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La  serata prosegue con la proiezione di fotografie che raffigurano diversi momenti della vita delle lavandaie: chine sul loro “scagn” o impegnate a spingere la “carèta” o a strizzare i panni nel “torc”. L’artefice di queste foto è Gianni Cattagni, appassionato “costruttore” di filmati riguardanti Pavia, quella che conosciamo e quella che pochi delle generazioni più giovani non hanno avuto la possibilità di vivere. Insieme, Gianni Cattagni e Fabrizio Lana interpretano una vivace intervista di una lavandaia dei tempi che furono che risponde alle domande alternando le due lingue di sua conoscenza, l’italiano e il dialetto. Al termine Fabrizio Lana recita una poesia poco conosciuta che la poetessa Ada Negri dedicò alla lavandaia del Borgo. La proiezione delle fotografie e la lettura delle poesie sono accompagnate dalle musiche, scelte per l’occasione dal maestro e socio Giovanni Siro Mocchi, che, alla tastiera, fornisce la giusta atmosfera con la sua sensibilità, unica e inimitabile.

 

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